Oggi aderisco allo sciopero delle educatrici e degli educatori impiegati nelle scuole di Bologna, sciopero indetto dal sindacato SGB.
Per chi fosse lontano dal contesto, specifico che queste figure si occupano degli alunni certificati e dipendono dalle cooperative sociali che si sono aggiudicate l’appalto indetto dal Comune.
Supero la questione ideologica secondo cui chi svolge un servizio pubblico disposto dalla pubblica amministrazione dovrebbe dipendere direttamente da tale amministrazione, con conseguente riconoscimento delle condizioni contrattuali previste per gli altri dipendenti pubblici. Brandire questa giusta rivendicazione è inutile perché quell’obiettivo è irraggiungibile, dove si prendono le decisioni non c’è nessuna disponibilità a raccogliere la richiesta. Chi ha sperato che il governo nazionale volesse internalizzare queste figure per indispettire un intero spiegamento di avversari politici, si è presto ricreduto. Destra di governo e sinistra di governo si somigliano molto nelle politiche economiche.
Rimane una questione aperta, inevitabile, e riguarda il salario. L’imbarazzante rinnovo del contratto nazionale non ha alleviato il forte disagio che anima la categoria degli operatori sociali. Gli stipendi non erano all’altezza del costo della vita dieci anni fa, figurarsi adesso. Pagati affitto, bollette e l’indispensabile per la sopravvivenza, resta poco, non c’è da stare sereni. La categoria degli operatori sociali che lavorano in appalto garantisce un servizio di qualità, e di grande responsabilità, a basso costo. Nell’era in cui il pubblico si è fatto impresa è senza dubbio un gran vantaggio. Ma è anche piuttosto rischioso: gli utenti sono nelle mani di operatori stremati, in cerca di una via d’uscita. Quanto può durare? L’idea che queste persone continuino a vivere di niente è troppo ottimista, l’idea che saturino la settimana di altri “lavoretti” per arrivare senza passivi a fine mese è indegna. Si aggiunge alla recriminazione un elemento rilevante, le cattive condizioni di lavoro sono note a molti, di conseguenza chi potrebbe rimpolpare gli organici sceglie altre strade. C’è carenza di personale. Sarebbe miope da parte delle istituzioni pensare di sfruttare ancora a lungo la situazione. Per evitare che il precario equilibrio salti, serve un intervento che migliori concretamente le condizioni di chi lavora nei servizi in appalto. Prima che cadano le bombe che l’Europa si accinge a costruire attingendo risorse dal nostro welfare.
In copertina Foto di AkshayaPatra Foundation da Pixabay