Il meno peggio universale

C’è un meno peggio per tutti.

Confermando una recente consuetudine, anche in prossimità delle elezioni politiche 2022 ho svolto un sondaggio tra le persone che incontro più o meno abitualmente. È stato un gioco, ovviamente. I miei contatti non rappresentano certo un campione obiettivo, la gran parte di loro mi è abbastanza vicina nei punti di vista, e lo era già in premessa. Tuttavia il riscontro mi ha a tratti sorpreso, rivelandomi forse il cambiamento che sta attraversando un’ampia parte di popolazione, così spesso in passato incline a seguire i venti, e così diffidente oggi. Generalmente, anche negli anni delle sciagure politiche nazionali, molti si sono schierati a prescindere, partecipando a quella che Silvio Berlusconi, il più abile comunicatore politico italiano, denominò “scelta di campo”. Stavolta lo scetticismo sembrerebbe meno “responsabile”, più profondo, refrattario all’omologazione. Si va molto oltre il desiderio di arginare le derive liberiste, di difendere la democrazia o le tradizioni, di contrapporsi all’integrazione o di favorirla. Antifascismo e anticomunismo risuonano debolmente alle orecchie degli elettori, sebbene tali richiami siano stati utilizzati da media e contendenti. Nemmeno è scontato che si cerchi conforto nella rettitudine dei presunti puri. Anzi, finanche tra chi si schiera coi partiti ostili al compromesso, qualcuno si sente orfano di migliori alternative.

Se spesso mi era capitato di assistere a confronti accesi tra persone che la pensavano molto diversamente, stavolta ho trovato convergenza nel disfattismo, un insolito distacco verso i principi un tempo sbandierati energicamente. Non a caso tra le conversazioni più interessanti che mi sono capitate mentre raccattavo indicazioni di voto, una è venuta dal confronto con una persona orientata a votare un soggetto politico lontanissimo dalle mie idee. Alla fine della chiacchierata sono emerse varie coincidenze, e alcune argomentazioni reggevano senza sforzo. Non mi fraintendete per favore, lungi da me sottrarre politica dalla politica. I concetti di destra e sinistra racchiudono visioni ben distinte, ma molti hanno imparato a riconoscere l’ingannevole bravata e a razionalizzare i propri bisogni. Regalare bonus-tranello come andare sui porti a dar caccia alle streghe porterà meno voti perché le stregonerie dei partiti sono sempre più evidenti. Chi si avvantaggia dal protrarsi dei conflitti, non può sperare di vendere favole a chi ha bisogno di soluzioni concrete ai disagi quotidiani.

Dopo tanta premessa vi comunico che ho messo insieme circa cento intenzioni di voto, meno di quanto sperassi. Il dato è così basso perché una cinquantina di persone interpellate mi ha risposto che non ha ancora deciso per quale partito o per quale coalizione votare. Questa reticenza è un dato, probabilmente: a volte si dice incerto chi prova imbarazzo per le proprie scelte (a volte, non sempre). Dei circa cento che si sono offerti alla consultazione quasi il 40% mi ha risposto che non voterà. Anche questo è un dato, la scarsa affluenza rafforzerebbe i partiti dal cosiddetto zoccolo duro. Del 60% rimanente la metà degli interpellati ha dichiarato che voterà per il Movimento 5 Stelle, che risulta dunque il primo partito della mia consultazione. Il M5S ha svolto un’ottima campagna elettorale puntando su una figura apprezzata in Italia, quella ovviamente dell’ex premier Giuseppe Conte. Conte, inoltre, si è dimostrato uno straordinario frontman, mescolando ironia e concretezza, nei passaggi televisivi ha trattato interlocutori politici e giornalisti con modi calcolati. Chi lo ha visto “seppellire” Sallusti nella trasmissione diretta da Floris, ha realizzato che brillante comunicatore sia diventato. Al secondo posto del sondaggio ci sono a pari merito (arrotondando) Unione Popolare e la coalizione costruita attorno al Partito Democratico. Le persone che hanno dichiarato di votare Unione Popolare, su mia richiesta, hanno specificato di sentirsi vicine a Potere al Popolo (che fa parte della coalizione). Paradossalmente (e comprensibilmente), è emerso che Potere al Popolo avrebbe ottenuto un risultato migliore se avesse corso autonomamente. Tornando al Partito Democratico, tra le ragioni del voto utile e sentimenti di rinnovata fiducia, conserverà una dignitosa porzione di elettorato. I fedeli alleati europeisti della Bonino, Sinistra e Verdi porteranno pare pochissimi voti, sono destinati a risolversi col tempo nel PD. Di Maio confida forse in un ministero nel prossimo governo tecnico, ma il suo partito oggi non attrae alcun consenso. Italia Sovrana e Popolare ha raccolto quattro preferenze, sostenute da argomentazioni per niente casuali. La contrarietà al green pass e all’obbligo vaccinale (e i collegamenti coi contesti lavorativi e sociali) continueranno ad aggregare. Sette voti sono andati alla destra (di cui quattro a Fratelli d’Italia). Giorgia Meloni ha goduto di grande attenzione mediatica, in parte ha saputo guadagnarsela. Salvo errori clamorosi farà da riferimento alla destra italiana. Un voto è andato al terzo polo di Calenda e Renzi, che forse ha buttato via un’occasione non puntando tutto sulla figura di Mara Carfagna, sarebbe stata l’unica donna candidata premier del centrosinistra “moderato”. Bocciatura dunque per gli spin doctor.