La regina di cui abbiamo bisogno

La morte della regina Elisabetta, la risonanza che abbiamo riservato a questo evento, ci restituisce un po’ l’istantanea (si fa per dire) di quel che siamo.

La portata storica del personaggio e la sua eco sono notevoli, ma pur riconoscendolo, alla notizia della scomparsa in pochi hanno fatto riferimento ai momenti centrali del suo regno. E io, rozzo esemplare di tanto popolo, non intendo certo mettere in fila i fatti (alcuni sanguinosi) che l’hanno attraversato. Potrei dire che a raccontare e spiegare settant’anni di corona ci penserà la Storia, ma francamente la Storia è sepolta. Fuori dai libri, il web fa della Storia ciò che vuole.

I politici italiani, nel mezzo di una fulminea campagna elettorale, hanno riservato nei propri profili social un omaggio alla signora scomparsa. Scelta inevitabile perché #QueenElizabeth è stata a lungo di tendenza, e anche oggi resiste. La celebrazione è stata quasi unanime, le ambizioni di governo non permettono certe obiezioni. E poi non si poteva contrariarci mentre piangevamo la fine di una donna che, a farsi due conti, avremmo potuto anche detestare. In troppi non avrebbero compreso. Alla gente si racconta quel che desidera ascoltare, tutto il resto potrebbe portare effetti collaterali nelle molli certezze, e alcuni fastidiosi interrogativi. Su Netflix è disponibile una serie tv (The Crown, poco apprezzata da Elisabetta) dedicata alla dinastia regnante. Noi seguiamo la Storia come si farebbe con una serie tv, accettando la versione edulcorata ufficiale. Siamo pronti a riaccogliere la monarchia.