Da alcuni giorni un nuovo caldo sole affanna le educatrici e gli educatori dell’amata Repubblica. Il nostro Parlamento ha approvato la legge 15 aprile 2024 n. 55 che istituisce l’albo degli educatori professionali socio-pedagocici (e dei pedagogisti).
In termini istituzionali:
Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali.
È stato eroico durante le giornate di lavoro (opera di grande responsabilità che offriamo in cambio di quattro pidocchi), tenere alla larga l’argomento. Ma allo scadere del sudato turno, e più tardi nelle chat incazzatissime, colleghe e colleghi si sono espressi:
si facesse carta straccia dell’ennesimo insulto alla nostra professione.
È salda negli anni la sensazione di sfruttamento subito che avvertono le educatrici e gli educatori impiegati nei servizi in appalto. La responsabilità della mansione come ho accennato sopra è molto alta, si va in aiuto di esseri umani spesso colpiti da grave disagio, in aiuto delle famiglie. Se non conosci direttamente il complesso mondo della disabilità non puoi immaginare l’impegno fisico e mentale implicato dalla professione.
È una sfida, si fa con amore. Non è raro tornarsene a casa segnati nel fisico e nella mente per i colpi ricevuti e per le crisi che bisogna gestire e risolvere, crisi di persone a cui la sorte ha tolto e dato, ferendole nelle autonomie, caricandole nelle frustrazioni.
La serenità, la lucidità portano efficienza, e lo sforzo per rimanere sereni e lucidi è ormai insostenibile. Il supporto psicologico per le lavoratrici e i lavoratori è quasi sempre a loro carico. Bisogna procacciarsi autonomamente anche un’adeguata formazione giacché, in questo mestiere, aggiornarsi sarebbe indispensabile. Ma viviamo di stipendi imbarazzanti e vuoti salariali, versiamo quote sociali alle aziende cooperative. Usciamo dalla turnazione faticosa e non riusciamo ad acquistare un viaggio. Condividiamo casa con persone sconosciute perché l’affitto di un monolocale in periferia è fuori portata. Fortunatamente c’è spazio per accasarsi sui marciapiedi, qualcuno non ci vedrà una battuta, il tratto è breve. Il rinnovo del Contratto nazionale ha portato un ritocco insignificante rispetto al testo precedente, invisibile rispetto all’attuale costo della vita.
Nel mezzo di tale miseria irrompe l’Albo. Iscriversi richiederà il pagamento di una quota annuale. La formazione obbligatoria e certificata sarà caricata molto probabilmente su lavoratrici e lavoratori. Finanche presentare la domanda di iscrizione ha un prezzo (marca da bollo e raccomandata)! Chi non ha titoli per iscriversi all’albo sarà tenuto in organico, probabilmente dequalificato, perché il settore, già precario, è destinato a perdere unità e non può permettersi di allontanarne. Dati alla mano, oggi di quest’albo non si comprende il senso: le cooperative che si aggiudicano gli appalti e somministrano i servizi fanno in premessa una selezione del personale sulla base dei titoli e delle competenze.
Infierire sulle educatrici e sugli educatori, infierisce sulle persone disabili. Torneremo, chissà, a rinchiuderle, e della funzione educativa nessuno più sentirà il bisogno.
In copertina sulla home page Foto di beasternchen da Pixabay