Conclusione di una giornata impegnativa. Aspetto davanti alla fermata, i pensieri ancora accesi a ripassare il lavoro fatto. Ecco l’autobus, non c’è da sedersi e occupo uno spazio poco distante dai sedili che ospitano una donna e un uomo non vedenti. L’autobus procede, la tradizionale andatura ancheggiante, sbalzi alle curve, tali che se non t’aggrappi, e ovviamente se non stai seduto, il rischio di baciare il pavimento è quotato sette su dieci.
L’anziana che sale alla fermata successiva scruta da laggiù il panorama di sedili occupati e membra assiepate. A interpretarle il volto, direi che il viaggio s’annuncia faticoso. È avvilita. È allarmata. Avanza sulle gambe precarie, la quota di andare al suolo sale a nove su dieci. Sto per offrirle il mio sostegno (materiale) quando proprio qui a fianco, un giovane s’alza dal posto che stava occupando e le fa cenno di avvicinarsi, glielo lascia volentieri. L’anziana arranca mentre l’autobus ha ripreso ad andare. Commenta a ogni passo la difficile missione di mantenersi in equilibrio. È quasi a destinazione quando i non vedenti la sentono. Ma gli manca la parte gentile della storia, quella disponibile solo alla vista, in cui il giovane offriva coi gesti il proprio posto. Allora i ciechi, ignari del risultato quasi raggiunto, si alzano liberando i sedili reclinanti per l’anziana.
Adesso sono tutti in piedi, l’anziana, i non vedenti, il giovane generoso.