The bad guy, la seconda stagione è addirittura migliore della prima

Avevo considerato la possibilità che la seconda stagione di The bad guy mi deludesse.
Non è insolito nella realizzazione delle serie tv, dopo una prima stagione ben riuscita, calibrare nel seguito lo show-down e fallire. Invece con i sei nuovi episodi l’opera è stata addirittura migliorata.
The bad guy è sul podio delle produzioni italiane, legittimata ad accomodarsi con le migliori serie tv internazionali.
Se non hai guardato ancora un solo episodio è opportuno dirti che la vicenda è trattata con leggerezza, fa sorridere senza negare. La trattativa Stato-Mafia, il maxi processo, le complicità, prestati alla narrazione, divertono. Ma pure nella semplificazione e nella finzione emergono le responsabilità. Stato e Mafia collaborano senza imbarazzi. Verità del tutto arbitrarie vengono modellate per opportunità. Chi si oppone viene ucciso.
Ritroviamo il magistrato Nino Scotellaro, infiltratosi in una famiglia mafiosa per cercare, nell’archivio del boss Soru, le prove della propria innocenza. Spacciatosi per il cugino d’America Balduccio Remora diventa riferimento di Cosa Nostra e dirige da mafioso la trattativa con lo Stato.
L’ipotesi che si possa vincere da onesti non paga, eppure resistono minute speranze nei messaggi lanciati. Speranza nella sorte che toccherà al piccolo Fiume, nipote di un ministro colluso. Speranza nel diffondere la battaglia per la parità di genere, affidata alla sortita grottesca di una suora, rampolla di malavita. Speranza nella colpa di chi sbaglia per timore. La speranza è un’isoletta nel mare guasto. Quando un agente della Polizia municipale ferma per un controllo l’auto che trasporta il boss Soru, verifica l’identità del malavitoso e gli chiede di offrirsi per un selfie prima di lasciarlo andare. Il male è incredibile, ridicolo oltreché drammatico. Nino Scotellaro torna a casa da straniero, come Ulisse riconosciuto dal cane Argo, e sente il peso delle consapevolezze: caduti i filtri, la verità peggiora. Non mancano personaggi da buonumore e grandi interpretazioni. Per citarne una (tra tante, tra pari) quella di un glaciale Stefano Accorsi.
Il finale sembra escludere la suggestione di un’altra stagione. Questa considerazione, dopo la notte trascorsa a gustarmi la rivincita di Nino Scotellaro, mi ha lasciato soddisfatto ma anche piuttosto dispiaciuto.