Fargo 5 combatte dalla parte delle donne

L’ultimo grido contro il patriarcato viene da Fargo.

La quinta stagione della brillante serie tv creata da Noah Hawley, affonda le mani nel fango, e lo fa davvero bene, con pertinenza e passione. È disponibile su Sky, se ne avete la possibilità guardatela, ha meritato il mio tempo, potrebbe meritare il vostro.

Dorothy Lyon è la moglie di un bamboccio figlio di (ricca) mammà. È ricercata dallo sceriffo Tillman che incarna il mito del maschio padrone e  violento, avvezzo all’utilizzo delle armi, nell’America dell’era Trump. L’unica possibilità di salvarsi, di ribaltare la sorte, è fare rete. Per fare rete serve che tutte le figure coinvolte e vicine alla vittima riescano a vedere chiaramente le cose, e a giudicarle, a comprendere se stesse, che tutti siano disposti a rischiare e a cambiare. La risposta è dura quanto l’oppressione, più dell’oppressione. Personaggi meravigliosi e originali crescono e mutano nel corso della storia. Nulla è scontato. Il finale è una perla. Delle varie eccellenti interpretazioni segnalo quella di Sam Pruell che interpreta un cattivo vero o forse un buono vero (deciderete voi).

Evito di svelarvi la vicenda perché gustarla gradualmente vi darà la soddisfazione che arrecano sempre lavori realizzati così bene.

Non c’è pietismo, né arringhe da tastiera, e mancano gli slogan patetici che attraversano la questione quando viene sollevata nella vita vera, al cospetto delle violenze che le donne spesso subiscono, al di là dei proclami trionfalistici in cui annunciamo che il mondo cambierà.