La perfezione – antefatto (due capitoli inediti)

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Francesca

Francesca scansò l’iniziativa delle amiche, l’invito a una festa dove l’alcol era gratuito e la presenza di ragazzi interessanti assolutamente garantita. Poco meglio le chiacchiere fuori da Lazzarella, trascinando la sera tra vezzi umani e  birre in bottiglia. Considerò gli atteggiamenti intorno, le moine patetiche che qualcuno ogni tanto azzardava. La replica quotidiana di quel pezzo di centro storico napoletano, fitto di sedi universitarie e di istinti goderecci, le andò di traverso, ma le radici del disagio stavano conficcate nella sua cronica insoddisfazione. Sfilò il telefono dalla tasca e silenziò la terza telefonata di Diego. Lui la stava aspettando in via Generale Giordano Orsini, nell’attico che alla loro giovane età potevi permetterti soltanto provenendo da una famiglia come la sua.
Diego Bagnati.
Si rigirò nel pensiero le due parole, il nome e il cognome dell’unico ragazzo che la avesse sballata di sentimento. Amore, la sostanza tossica decantata sulla Terra da gente ignara delle faticose implicazioni. Non si sarebbe mai più impantanata in una simile sciagura. Sarebbe stata ottusa a ricadere in una corrispondenza biunivoca, e farsi sfuggire le possibilità che la vita poteva offrirle. Ma non lasciò Diego all’istante, affidando la missione a un sms. L’addio non era lontanissimo ma nemmeno tanto prossimo. Il sentimento tuttora pulsante rallentava la decisione. Eppure al legame Francesca avrebbe provocato una frattura insanabile con le dure parole che lei scagliava precisa nei momenti tumultuosi. Il telefono suonò e stavolta rispose. «Spiegami, perché mi chiami a ripetizione?»
«Non rispondevi e mi sono preoccupato.»
«Sono con i miei amici a Piazza del Gesù.»
Diego valutò la camminata che li separava. «Tra quanto vieni?»
«Il tempo di salutare. E non chiamarmi di nuovo.»
Allora interruppe la telefonata. Salutò questa e quello, e più si congedava, più si lasciava trattenere da argomenti senza approdo. Accese e buttò via a metà un paio di sigarette, sorseggiò dai bicchieri che ci si passava là intorno e poi, entrata da Lazzarella, ordinò addirittura lei stessa da bere. L’amico dietro al bancone corresse l’Heineken con un abbondante spruzzo di tequila, e gliela passò col sorriso dei baristi complici.
Era piuttosto brilla quando due ore più tardi si avviò per raggiungere Diego. Non le importava che l’impazienza stesse scavando nel suo acerbo fidanzato. Anzi andò lenta lungo via Roma, e raggiunta Piazza del Plebiscito si fermò a contemplare come se non la conoscesse a memoria. Poi s’arrestò, davanti si dichiarava il tratto di mare che sempre, guardando da certa distanza, le era parso agitato.
Mentre lei tardava, Diego aveva considerato varie manifestazioni contrariate. La prima: telefonarle di nuovo o inviarle un messaggio, e invitarla a proseguire la serata in giro perché lui adesso non voleva vederla. Ma poi avrebbe trascorso la notte a domandarsi dove fosse. La seconda soluzione, non aprirle il portone, era inconciliabile col suo troppo amore. Allora attrezzò un’arringa per dirle quanto lo ferissero i comportamenti distaccati che recentemente gli presentava. Definì frasi incisive, i toni dell’avvocato che sarebbe diventato. Ci avrebbe messo dentro la rabbia che stava provando, la frustrazione che gli mangiava il fegato nel veder fallire il suo impegno a tenere vivo il rapporto, a difenderlo dalle sollecitazioni venute dall’esterno. Il discorso era pronto in ogni dettaglio quando lei s’annunciò dal citofono. Aprendo la porta di casa, e ritrovandola finalmente, Diego stralciò ogni obiezione. L’arringa appassionata fu dimenticata giacché, a passi incerti, Francesca stava entrando. La abbracciò, riparandola dal mondo che la sbandava. Nascosta dentro l’abbraccio, lei pensò che l’addio non fosse abbastanza vicino.

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Quella nello specchio

Quella nello specchio era lei. I dubbi, l’indolenza che la tratteneva in casa durante le giornate nere, erano schierati nella faccia. Sarebbe bastato guardarla per intuire il malessere, ma la superficialità abbondava negli sguardi che quasi tutti le puntavano addosso. Francesca ne era certa e non serviva chiedere cosa vedessero osservandola. Vedevano una ragazza in movimento, anzi in volo all’alta quota delle ventenni, mentre le forme sature sfidavano le taglie. Si passò la spazzola tra i capelli ma l’acconciatura e il trucco non l’avrebbero alleviata. Il turbamento stava lì, sempre più stabile. Eppure Diego lo ignorava. Da quanto ci stava insieme? Contò, come se non fosse assolutamente sicura, gli anni offerti alla loro relazione, piena e intemperante fin dal principio, ma ora così insufficiente a essere felice. E contò alla rovescia i giorni che ancora avrebbe resistito. Lasciò nello specchio le piastrelle fuori moda. Infilò la giacca percorrendo le scale.
Di fronte al portone Cesare la aspettava con la solita clamorosa pazienza. La guardò nella sua maniera accogliente, e Francesca pensò che lui non si sarebbe mai sottratto, l’avrebbe sostenuta durante le loro passeggiate senza confine, anticipando le tempeste. Già si sentì più lucida. «Oggi direzione mare?»
«Oggi non si può.»
Nei mesi in cui la loro amicizia era nata e cresciuta tanto imprevedibilmente, Cesare aveva considerato il momento in cui le avrebbe parlato. Il tempo era trascorso e il momento era giunto senza che fosse pronto.
Francesca riconobbe l’incertezza. In passato le si erano opposte avance dove stava piantando coi ragazzi amicizie disinteressate. Temette che di nuovo un’amicizia fosse in procinto di saltare per l’ennesima infatuazione venuta a rompere l’equilibrio. Provò a essere chiara. «Siamo sempre migliori amici?»
«Assolutamente sì.»
«Davvero?»
Lui avrebbe pianto perché la sorte gli aveva imposto una rinuncia funesta. E il cielo azzurro lassù aggravava lo sconforto perché oltre a Francesca avrebbe perso Napoli e la sua intera vita precedente. «È incredibile che legame fortissimo abbiamo costruito in un periodo così breve. Migliori amici oltre la sorte.»
«Perché ho una sensazione definitiva?»
«Accompagnami.»
«Dove?»
Cercando espressioni adatte, le fece strada verso la stazione di Cavalleggeri, tagliando il tratto di case su case, in mezzo ai palazzi consecutivi che sembravano separare il segmento urbano dal resto della città.
Sulla banchina davanti ai binari un treno si fermò e ripartì in direzione di Bagnoli, e un altro sarebbe giunto dal lato opposto per proseguire verso Piazza Leopardi. Ma quanti treni dovevano passare prima che lui svelasse la questione che s’era intromessa? «Perché siamo qui?»
«Devo dirti due cose.»
«E dimmele allora.»
«La prima cosa è che domani partirò e non ci vedremo mai più.»
«Fammi un favore, Cesare, evita queste cazzate da ragazzini teledopati.»
«Non è una cazzata.»
«E perché mai dovresti andartene?»
«Perché mio padre mi ha raccomandato. Entro in un’azienda importante, dove ho sempre sognato di lavorare.»
Cesare avrebbe ricordato la furia dei pugni che lei gli scagliò contro adesso che, rivelandole una parte del suo pesantissimo segreto, l’aveva delusa. La coincidenza che li aveva avvicinati fin dalle prime chiacchiere, la base solida dell’amicizia era franata.
«Sei uno stronzo bugiardo! Mi avevi raccontato che non ce l’hai un padre!»
«È mio padre biologico ma non l’ho nemmeno mai visto.»
La furia si spense, e una forma di disprezzo incondizionato venne a occupare lo spazio vuoto. «Hai bisogno di sentirti al centro dell’attenzione. E allora ti sei inventato di essere stato abbandonato da tuo padre, un padre che addirittura rispunta per regalarti il lavoro dei sogni.»
«Non è andata così.»
«Comunque sia andata, io un padre non ce l’ho mai avuto.»
«Mi biasimi per questo?»
«Ti ho raccontato cose molto personali e tu le hai usate, chissà a quale scopo.»
«Non sai quanto ti stai sbagliando.»
«Hai ragione su una cosa, non ci vedremo mai più.»
Francesca indicò il treno che stava arrivando. «Vattene.»
Venti secondi più tardi Cesare salì a bordo. Prima che le porte scorrevoli si richiudessero, provò a sbarazzarsi del macigno che ormai gli ostruiva la voce, ma qualunque fosse stata la verità, lei probabilmente non gli avrebbe creduto. Allora decise di tacere la seconda parte del segreto.
Diego è mio fratello.
Francesca osservò il treno che si allontanava. Stava piangendo mentre cancellava Cesare dal futuro.


Immagine in evidenza: foto di Engin Akyurt