Da Filippo Turetta a Matteo Salvini: la comunicazione a cavallo di una tragedia

L’uccisione di Giulia Cecchettin e l’arresto di Filippo Turetta, sono stati commentati tra altre milioni di persone dal ministro Matteo Salvini che, come il più lesto degli spin doctor ha afferrato la notizia ricavandone visibilità attraverso due post adatti allo scopo.

Matteo Salvini, o forse la squadra di esperti della comunicazione che gestisce i suoi account social, ha attratto l’attenzione dell’opinione pubblica spostandola dai fatti. È frequente che il Ministro riesca in quest’impresa, ed è frequente che il popolo del web abbocchi.

Nel primo post, sotto a un’immagine dell’assassino, la didascalia 

“ULTIM’ORA

 FILIPPO TURETTA ARRESTATO IN GERMANIA”.

Più della didascalia cattura-clic, a convogliare le pubbliche reazioni è stata la dichiarazione che anticipava l’immagine: 

“Bene. Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita.”

I detrattori del capo leghista hanno obiettato che la colpevolezza fosse evidente, e che le posizioni del ministro davanti ai crimini cambino in base alla nazionalità e all’estrazione sociale degli autori. Insomma, gogna senza processo per un povero nero d’Africa, verifica delle prove per un bianco italiano di “buona famiglia”.

Tuttavia la dichiarazione del ministro Salvini è inattaccabile nei contenuti, prevedendo il carcere a vita e nessuno sconto di pena per un criminale giudicato colpevole.

Dopo aver incassato il dissenso previsto e migliaia di visualizzazioni e repliche, e dopo avere stregato i propri ammiratori, superando quasi Filippo Turetta nell’ordine delle tendenze X (ex Twitter), all’apice della visibilità che poteva ottenere il post recente, ne giunge uno nuovo:

“Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligato.

Per gli stupratori e pedofili – di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale – castrazione chimica e galera.

Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano finalmente e ci seguano anche altri.

Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a tutti e a me.”

È un tocco magistrale, per chi mastica tecniche di comunicazione. In poche righe il Ministro schernisce i detrattori, infiamma il suo pubblico, rilancia la proposta politica, irretisce la Costituzione e offre la mano insindacabilmente a una porzione di elettorato citando l’assassino col solo nome, “Filippo”, come si usa fare coi bravi ragazzi.